“Mickey 17” è un film del 2025 scritto, diretto e co-prodotto da Bong Joon-Ho e prodotto dalla casa di produzione Warner Bros. Pictures. Film interpretato principalmente da: Robert Pattinson (Mickey Barnes), Naomi Ackie (Nasha), Steven Yeun (Berto), Toni Collette (Qwen) e Mark Ruffalo (Kenneth Marshall).
L’improbabile eroe Mickey Barnes si trova nella strana situazione di dover servire un padrone che richiede un impegno estremo… ovvero morire, per poter vivere.
Il film parte forte con un mix tra fantascienza e ironia, ma verso metà rischia di diventare asettico e ripetitivo, con una ventina di minuti che non aggiungono molto alla trama. Nonostante questo, Bong Joon-ho elabora benissimo il concetto del doppio, della paura e della morte.
L’antagonista viene visto come un Titano con idee naziste, ma la vera mente dietro tutto è la moglie, una manipolatrice che tira le fila. Il film fa paralleli fortissimi con il nazismo e il mito della razza perfetta, con riferimenti ai numeri delle persone nei campi di sterminio. Mickey, come quei prigionieri, non è più una persona, ma solo un numero, carne da macello, una cavia per l’evoluzione umana. Ma Mickey non è un numero, non è Mickey 17 o 18. È solo Mickey Barnes.
Mickey Barnes ha un’anima e un cuore, e anche se ha visto la morte in faccia più volte, non si arrenderà mai. Perché anche un secondo prima di morire, l’uomo avrà sempre paura.
Bong Joon-ho ha sempre parlato dell’uomo, dei suoi istinti e delle sue fragilità (“Memorie di un assassino”), ma anche degli ultimi della società (“Parasite”). Con Mickey 17, racchiude tutto questo in un film di fantascienza che ci sbatte in faccia una verità scomoda.
La società che vediamo nel film non è poi così diversa da quella in cui viviamo. Politicanti fuori di testa, una scienza senza pudore e morale, una società che calpesta e umilia chi sta in basso. Non ci è bastata la Terra, l’abbiamo distrutta e adesso vogliamo andare a rovinare anche altri pianeti. Siamo un cancro, un mostro da estirpare, incapaci di creare connessioni, vogliamo solo distruggere e dominare.
L’uomo è ossessionato dal potere e dalla conquista, convinto di essere superiore, ma incapace di accettare chi è diverso. Se non riusciamo a convivere tra noi, figurati se ci ritroviamo davanti a esseri di un’altra razza…. Il messaggio è chiaro: i veri alieni siamo noi.
A livello visivo, la scenografia è perfetta. Ci troviamo in un pianeta desolato, dominato dalla quiete, ma quando gli abitanti di quelle terre escono allo scoperto, si scatena il caos e la paura umana prende il sopravvento.
C’è però un problema di scrittura in una scena chiave, legata a un’esplosione molto importante. Il sacrificio di un personaggio non è ben motivato, e poi Mickey 18 ha una caratterizzazione diversa rispetto a Mickey 17, senza un perché chiaro.
Sul cast c’è poco da dire: Robert Pattinson è pazzesco, interpreta più sfumature dello stesso personaggio, passando da ingenuo e disorientato a sicuro e deciso. Mark Ruffalo è odioso e stupido come ogni vero dittatore che si rispetti, mentre Naomi Ackie, Steven Yeun e Toni Colette danno il loro contributo con buone interpretazioni.
Dal punto di vista tecnico il film è una bomba. Bong Joon-ho non sbaglia un colpo, la sua regia è impeccabile e la sua impronta si sente in ogni inquadratura. La fotografia è curatissima, trasmette perfettamente la desolazione e il senso di isolamento del pianeta. Il montaggio è preciso, tutto viene mostrato e spiegato con la giusta attenzione. Le musiche, anche se poche, si integrano bene, accompagnando i momenti chiave senza risultare invasive.
Nonostante qualche difetto, “Mickey 17” è un film che lascia il segno. Bong Joon-ho ci sbatte in faccia il lato più schifoso dell’umanità: siamo noi i veri invasori, incapaci di convivere con gli altri e persino con noi stessi.
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