“Daredevil – Rinascita” (“Daredevil: Born Again”) è una serie televisiva statunitense ideata da Dario Scardapane e Matt Corman & Chris Ord per il servizio di streaming Disney+ e prodotta da Marvel Television, basata sui fumetti Marvel Comics con protagonista il personaggio Daredevil. Interpretata principalmente da: Charlie Cox (Matt Murdock), Michael Gandolfini (Daniel Blake), Ayelet Zurer (Vanessa Fisk) e Vincent D’Onofrio (Kingpin). Si tratta della continuazione ufficiale della serie tv “Daredevil”, prodotta dal 2015 al 2018 da Marvel Television e originariamente pubblicata su Netflix.
Matt Murdock, un avvocato non vedente dotato di capacità fuori dal comune, cerca di difendere la giustizia tramite il suo studio legale, mentre l’ex capo della criminalità organizzata Wilson Fisk porta avanti le sue ambizioni politiche a New York. Quando i fantasmi del passato riemergono, i due uomini si trovano inevitabilmente destinati a scontrarsi.
Se qualcuno aveva ancora dubbi sul fatto che nella nuova serie di Daredevil ci fosse violenza, i primi minuti della prima puntata li spazzano via: sì, c’è. Eccome se c’è. La Marvel ha deciso di continuare il filone crudo delle serie Netflix. Azione, adrenalina e vendetta – e già dalla prima puntata si capisce che Matt Murdock non avrà pace.
La serie parte col botto, e da subito si intuisce che sarà un percorso di sangue. Non è solo una questione fisica, ma anche mentale. Daredevil viene spinto verso un abisso fatto di dolore e ritorsione. Ma la cosa interessante è che, accanto al pugno e al sangue, c’è anche un forte sottotesto politico.
Si parla di politica vera, attuale, dove non conta tanto il contenuto ma il personaggio. Fisk, in corsa per diventare sindaco, è il simbolo di quella politica fondata sull’immagine, sui like, sulla visibilità. Un parallelo con Trump è inevitabile: Fisk vuole mettere al bando i supereroi mascherati (tra cui un espanico), Trump vuole cacciare gli immigrati. Entrambi cavalcano il malcontento per convenienza. È una storia di razzismo, ma travestita da ordine pubblico.
La fotografia è una delle perle della serie: neon rossi che si riflettono sul costume di Daredevil, foschia che avvolge una New York buia e disturbante, ambientazioni gotiche che ricordano un po’ Gotham ma con l’anima marcia della Grande Mela. Un’estetica sporca, urbana, che racconta lo stato d’animo dei personaggi senza nemmeno bisogno di parole.
Altro punto interessante è l’inserimento di un finto reportage documentaristico che racconta il punto di vista dei cittadini. Una scelta che rompe la narrazione e ci fa entrare nella mente della gente comune, restituendo una New York spaccata, impaurita, che non sa più a chi credere.
Le istituzioni sono marce fino al midollo: dalla politica alla polizia. E qui la serie colpisce duro. Si parla tanto del concetto di giustizia, e si mettono sul piatto domande pesanti: è giustizia vedere il carnefice dietro le sbarre, o la vera giustizia è la vendetta? Chi decide cosa è giusto o sbagliato, quando la legge non basta più?
Dal punto di vista registico ci sono soluzioni interessanti – specialmente nell’ultimo episodio – anche se non tutto funziona. L’identità di Muse (villain potenzialmente interessante), viene svelata in modo troppo frettoloso. La parte investigativa era promettente ma scivola via, lasciando l’amaro in bocca. E poi c’è quel momento assurdo in cui Daredevil riconosce il volto di una donna toccando un dipinto in rilievo. Onestamente? Troppo forzato. La sceneggiatura dell’episodio 7 è una delle più deboli.
L’episodio 5 invece, pur essendo tecnicamente un filler, è uno dei migliori: con una tensione alle stelle e un Daredevil che mostra tutta la sua intelligenza, la sua forza e la sua astuzia. La direzione ricorda “Inside Man”, anche per i temi trattati. È un momento in cui la serie brilla, senza bisogno di grandi effetti.
“Daredevil: Born Again” non è una serie perfetta, ma è viva. È coraggiosa. È sporca. Si sporca le mani dove la Marvel di solito ha paura di guardare. E questo la rende interessante. È una serie che usa il supereroe come scusa per parlare di giustizia, politica, immagine e ipocrisia sociale. In un mondo dove la verità viene sacrificata per il consenso, Daredevil torna a chiedersi: a che serve la legge, se non difende chi soffre davvero?

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