“Smile 2” sequel dellomonimo film, è scritto e diretto da Parker Finn, prodotto da Temple Hill Entertainment. Interpretato principalmente da Naomi Scott (Skye Riley), Rosemarie DeWitt (Elizabeth Riley) e Kyle Gallner (Joel).
La star pop internazionale Skye Riley si trova a vivere eventi sempre più inquietanti e inspiegabili. Sotto il peso delle ansie crescenti e delle pressioni della fama, Skye dovrà affrontare il suo oscuro passato per riprendere il controllo della sua vita prima che vada in frantumi definitivamente.
“Smile 2” porta sullo schermo una regia attenta e stilisticamente interessante, con scene che esplorano traumi, dipendenza e il mondo dello spettacolo. Le musiche diegetiche, seppur poche, riescono a inserirsi in maniera consona nel contesto, donando realismo e ritmo alle scene, sostenute da scenografie che ben si integrano con l’ambiente della protagonista. Con intelligenza, il film si reinventa e si differenzia dal primo capitolo.
Tra le interpretazioni spicca Naomi Scott, che dona al suo personaggio intensità e vulnerabilità. Anche Ray Nicholson, pur apparendo brevemente, impressiona grazie alla sua espressività, ricordando molto il celebre padre, Jack Nicholson. Anche gli attori in secondo piano se la cavano bene. Nel complesso, posso dire che la scelta del casting è stata azzeccata.
Il tema del sorriso, nuovamente legato alla paura, è il fulcro attorno al quale ruota la sensazione di isolamento della protagonista. Il film rafforza la tensione mostrando un’angoscia che non viene compresa, accentuando il senso di abbandono che segna il suo percorso. La protagonista affronta una sfida interiore, in una lotta contro i propri demoni che le impone un confronto con traumi e paure recondite.
Le scene forti, alternate a sprazzi di splatter, sono dosate con precisione, e i jumpscare sono inseriti in momenti che mantengono un crescendo logico, senza mai eccedere. La sceneggiatura riesce a costruire una trama intensa che si concentra sul viaggio della protagonista, affermata artista in lotta contro un’entità maligna che amplifica i suoi tormenti, anche se questa volta l’eroina sembra meno incline a cercare aiuto rispetto alla protagonista del primo film.
Una sequenza particolarmente inquietante è quella in cui l’entità si manifesta attraverso il corpo di ballo, con momenti che, seppur alla lontana, ricordano il film “Climax” di Gaspar Noé. La madre della protagonista, che la sfrutta per fini economici, diventa un simbolo di un’industria che consuma senza scrupoli, una metafora delle vite di pop star come Miley Cyrus, Amy Winehouse, Britney Spears, ecc., la cui sofferenza è spesso ignorata per profitto.
Il finale introduce una forte ambiguità: la linea tra realtà e finzione si fa incerta, con un colpo di scena che destabilizza. Sebbene l’intento sia chiaro, un maggiore equilibrio avrebbe evitato una confusione che lascia aperta la porta a interpretazioni contrastanti.
In definitiva, “Smile 2” riesce a superare il primo capitolo in diversi aspetti, con una convincente regia e una narrazione che coinvolge senza appesantire. Il tema dell’isolamento emotivo e della manipolazione è trattato con profondità, e l’interpretazione della protagonista mi è piaciuta. Un film che offre spunti di riflessione sulla lotta interiore e sulla sensazione di abbandono da parte delle persone più vicine.

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