“Parthenope” è un film scritto e diretto da Paolo Sorrentino e prodotto da The Apartment e Fremantle. Interpretato principalmente da: Celeste Dalla Porta (Parthenope), Daniele Rienzo (Raimondo), Dario Aita (Sandrino), Silvio Orlando (Devoto Marotta) e Gary Oldman (John Cheever).
Partenope è una donna che condivide il nome della sua città, ma non è né una sirena né una leggenda. Attraversiamo le vicende della sua vita nel corso dei decenni, dagli anni Cinquanta fino ai giorni nostri, tra Capri e Napoli.
“Parthenope” è un film che si addentra nei temi della bellezza femminile, esplorando il modo in cui le donne vengono ammirate e osservate dagli incessanti sguardi maschili. Racconta di una donna che, essendo intelligente, non si innamora dell’apparenza fisica di un uomo, ma della sua essenza, del suo essere interiore. Questo approccio riflette una riflessione più profonda sull’amore: quando ricambiato, è la cosa più bella al mondo, ma se non lo è, può travolgere in modi complessi e dolorosi.
Un altro aspetto fondamentale è la bellezza della giovinezza e il desiderio di viverla pienamente. Il film ci mostra quanto sia importante assaporare il presente, ma anche come il passare del tempo e i ricordi di quella giovinezza possano diventare motivo di malinconia. Attraverso il personaggio di Parthenope, il film invita a non aggrapparsi al passato, accettando l’invecchiamento e il cambiamento. Le rughe diventano simbolo di una bellezza interiore che sopravvive, e la felicità emerge solo dall’essere se stessi, senza rincorrere ciò che non si è più.
Parthenope, la protagonista, è tanto erotica quanto enigmatica, un personaggio che incarna mille sfaccettature, proprio come Napoli, la città da cui prende il nome. Attraverso la sua vita e i luoghi che visita (Capri, Napoli e Genova sono i luoghi dove è stato girato il film) emergono bellezze e contraddizioni, usi e costumi, interazioni e addii. Tuttavia, il film sembra perdersi nell’ampiezza dei temi che affronta, passando dalla povertà alla bellezza, dall’amore alla criminalità, senza riuscire a dare a nessuno di questi la forza necessaria per affascinare davvero.
La pellicola si presenta visivamente molto buona, con una fotografia luminosa che riflette il calore del sole e il bagliore del mare. Gli ambienti, i costumi e i dettagli scenografici sono curati bene, anche se a tratti ho trovato alcune sequenze che sembravano avviarsi più sul mondo pubblicitario che cinematografico. Tecnicamente, la regia si distingue per carrelli, zoom e primi piani intensi, accompagnati da una colonna sonora che sottolinea i momenti più emozionanti. Tuttavia, i dialoghi risultano spesso sopra le righe, a tratti troppo astratti, con aforismi che rischiano di diventare vuoti.
La performance di Celeste Dalla Porta nel ruolo di Parthenope è efficace: riesce a incarnare con credibilità momenti di intensa sensualità e profonda tristezza. Gary Oldman, nei panni di John Cheever, offre una buona interpretazione, anche se forse mi sarei aspettato qualcosina di più. La vera rivelazione è Silvio Orlando, che regala una performance intensa nel ruolo del professore.
Il monologo finale di Parthenope, un resoconto sulla propria vita e sull’amore, colpisce nel segno, regalando un’emozione autentica e chiudendo il film con una riflessione universale.
In definitiva, “Parthenope” è un film che si concentra più sull’estetica e sullo stile che sulla sostanza. Sebbene tratti temi interessanti, la loro trattazione non sempre riesce a emergere con forza. Non riesce a emergere a pieno la vera essenza di Napoli, risultando a tratti dispersiva. È un’opera visivamente affascinante, ma che fatica a coinvolgere pienamente, rimanendo, in parte, “più fumo che arrosto”

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